Attenzione ad offendere su WhatsApp: si potrebbe incorrere in querele o denunce. Scopriamo qualche dettaglio in più sulla questione.
Offendere una persona su un gruppo WhatsApp può avere conseguenze legali, nei casi di diffamazione e ingiuria. La diffamazione consiste nel comunicare a più persone, con qualsiasi mezzo, fatti o valutazioni che ledono l’onore o la reputazione altrui. L’ingiuria consiste nell’offendere l’onore o la dignità altrui con espressioni ingiuriose o offensive. Entrambi i reati sono puniti dal codice penale, con la pena della multa o dell’arresto.
Se si offende una persona su un gruppo WhatsApp, si può incorrere in uno di questi reati, a seconda del contenuto e della portata del messaggio. Il fatto che il messaggio sia inviato in un gruppo privato non esclude la responsabilità penale, in quanto si tratta comunque di una comunicazione a più persone. Inoltre, il messaggio può essere diffuso anche al di fuori del gruppo, aumentando il danno alla vittima.
Per evitare di commettere questi reati, è bene prestare attenzione a ciò che si scrive su WhatsApp e su altri mezzi di comunicazione digitale. Bisogna rispettare la dignità e l’onore delle persone, evitando di diffondere notizie false, calunniose o lesive. Bisogna anche tenere presente che i messaggi scritti possono essere interpretati in modo diverso da quello inteso, perciò è meglio usare un linguaggio chiaro e cortese.
In merito a tale questione, la Cassazione ha precisato che il gruppo WhatsApp è assimilabile a una conversazione privata, ma che ciò non esclude la possibilità di configurare il reato di diffamazione, se il messaggio offensivo raggiunge un numero rilevante di destinatari. Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che il consenso dei partecipanti al gruppo non esime il responsabile dall’obbligo di rispettare la dignità altrui e di astenersi da espressioni ingiuriose o diffamatorie.
Le offese sul web sono un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante, che può avere gravi conseguenze sul benessere psicologico e sociale delle vittime. Si tratta di atti di violenza verbale, spesso anonimi, che mirano a umiliare, intimidire, isolare o denigrare una persona o un gruppo, sfruttando le potenzialità comunicative e interattive della rete.
Un paio di esempi di offese sul web possono essere il cyberbullismo, ovvero atti ripetuti di violenza verbale o psicologica che vengono compiuti tramite il web (ad esempio, messaggi, email, chat, social network) nei confronti di una persona o di un gruppo.
Oppure l’hate speech, ovvero discorsi d’odio che vengono diffusi sul web (ad esempio, commenti, post, video, meme) e che esprimono intolleranza, discriminazione o violenza nei confronti di una persona o di un gruppo in base alla loro appartenenza etnica, religiosa, sessuale, politica o altro.
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