Stop alla violazione dei diritti umani: la sentenza storica della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo | No alla demolizione della tutela della privacy!
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso una sentenza dalla portata storica che non può fare altro che fare gioire i cittadini.
Ebbene sì, sin dall’avvento di internet, la parola “privacy” risulta essere quella maggiormente ricercata. Attenzione, però, perché non intendiamo la parola in sé, ma tutto ciò che racchiude al suo interno. Si ha necessità di maggiore tutela della propria privacy. Certo, questo bisogno esisteva già prima dell’avvento di internet. Anche in casa propria si voleva essere tutelati.
Pensiamo ai vicini ficcanaso che, dai balconi adiacenti, gettano lo sguardo all’interno dell’appartamento di altri per carpire informazioni circa l’arredamento, gli ospiti, chi vive al suo interno e, magari, alla ricerca di qualche gossip da poter fare diventare argomento di discussione con il resto del vicinato. È sempre esistita questa pratica e continua tutt’ora.
Con l’avvento di internet, degli smartphone ed ovviamente delle varie applicazioni che vengono costantemente sviluppate, il problema si ripropone, giorno dopo giorno, ed anche in maniera molto più feroce. E sono le aziende sviluppatrici a dover fare in modo che la sicurezza di chi le utilizza e, di conseguenza, anche la loro privacy, venga tutelata in maniera forte e costante.
C’è una società che ha sviluppato una piattaforma di messaggistica ampiamente utilizzata dagli utenti di tutto il mondo che ha a cuore proprio questo aspetto ed ha dovuto fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per fare sì che la sua voce venisse ascoltata. Grazie a questa sentenza, poi, si è avuta contezza dell’operato corretto di questa piattaforma.
Basta violare il diritto alla privacy degli utenti: la sua demolizione non può essere autorizzata!
La corte Europea ha proferito il suo deciso “no” all’avvento delle backdoor all’interno delle varie applicazioni. Queste sono delle porte, fatte di stringhe di codici, che possono essere tranquillamente utilizzate dagli sviluppatori nel caso in cui dovessero insorgere delle emergenze. Va da sé, però, che chiunque possa richiederne l’accesso anche solo per motivi di dissidenza politica, ad esempio.
E c’è una piattaforma in particolare che ha voluto chiarire la sua posizione ricorrendo proprio alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Parliamo di Telegram che, nel lontano 2017, aveva avuto una richiesta di accesso a tutte le chat tenute segrete dall’azienda, da parte dei servizi segreti russi. Era un periodo oscuro per quel paese, ma Telegram si rifiutò. E la Corte Europea le ha dato ampiamente ragione.
Si, perché non si può compromettere la privacy, la sicurezza e la tranquillità di tantissimi cittadini. Questa non sarebbe democrazia. E in Stati democratici, come quelli in cui viviamo in Europa, non è tollerabile sradicare la privacy dagli utenti per favorire il lavoro delle Forze dell’Ordine. Sarebbe qualcosa di ampiamente deleterio ed anche qualcosa di assolutamente ingiustificabile.